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martedì 28 aprile 2015

Dimitri Sodi Pallares, autore del mese

Aprile 2015
 
Questo mese abbiamo intervistato per "un autore al mese", Dimitri Sodi Pallares, alias Giangiovanni Rivolta.
 
 
Nato casualmente a Milano il 1961 da famiglia di origine oltrepadana in attendamento temporaneo, vive a Pavia o giù di lì. Medico veterinario. Ha viaggiato e vissuto per lavoro in quasi tutto il mondo. Gli mancano solo Africa ed Australia ma pensa di avere ancora tempo per colmare questo vuoto. Gli piace ascoltare (a volte anche fingendo di dormire). Ama la buona cucina, il buon bere ed ovviamente gli animali. Non potrebbe vivere senza amici ed un grande amore
 
 
 
Fuma sigari “Che” perché la vita lo costringe a correre e non gli lascia più tempo per la Pipa o un buon Cubano
 
Questo è il suo primo tentativo di cimentarsi in un romanzo. Si è divertito a scriverlo. Si chiede se qualcuno possa divertirsi a leggerlo.
 
Per gli stretti riferimenti alla sua vita, alla città in cui è cresciuto e lavora sceglie lo pseudonimo Dimitri Sodi Pallares, derivato da quella di Demetrio Sodi Pallares, famoso cardiologo messicano, che ha saputo fare della scienza poesia, ed anche un po’anche filosofia (come piacerebbe fare a lui).
 
 
 
 

 
 
1.      Riassumiti in una frase.
Non abbatterti per i tuoi sbagli ma cerca di farne tesoro. Un giorno capirai che ti hanno insegnato qualcosa.
 
2.      Nella scrittura del racconto, “La luna a due lame”, quali sono state le tue principali ispirazioni?
La vita di ogni giorno. Ogni personaggio porta dentro di sé frammenti di persone che ho incrociato nella vita reale. Io stesso sono, per così dire dicotomizzato nei miei pochi pregi e numerosi difetti in due personaggi diversi.
 
3.      Stai lavorando a qualche altro romanzo?
Si, a breve avrò terminato il secondo capitolo delle avventure di JJ Rivolta. Sarà una sua evoluzione verso la possibilità di essere veramente sé stesso
 
4.      Ti ha aiutato l’utilizzo dei social network per la promozione del tuo libro?
Assolutamente si, dagli amici inizialmente poi al passaparola di chi lo ha apprezzato, che rimane lo strumento più utile per un esordiente o per chi non può contare sulla fiducia a priori
 
5.      Se ora avessi dinanzi a te un quaderno pieno di righe vuote, cosa scriveresti?
Il viaggio più  lungo del mondo è iniziato con un passo. Il libro più bello con una frase. Incomincio.
 
6.      L’ultimo libro letto?
     “Ti prendo e ti porto via.” Niccolò Ammaniti. Credo il migliore del migliore nel suo genere.
     Così  geniale da rasentare la follia.
 
7.      Scrivere è un modo per parlare di te o suggerire qualcosa agli altri?
 Impossibile scindere le due cose. Forse un modo di suggerire a me parlando degli altri?
 
8.      Cosa vuol dire scrivere?
Guardarsi dentro, guardarsi attorno e lasciare uscire quello che si sente come se scivolasse da dentro, attraverso la tastiera, sulle pagine.
 
9.      Hai una carriera parallela come veterinario. Che ruolo ha la tua professione, se né ha, nel processo creativo?
Nella mia professione avendo a che fare con pazienti che non parlano ma comunque comunicano, mi sono abituato a cercare di cogliere le emozioni positive o negative dagli sguardi e dai comportamenti. Ecco credo che cercare di creare emozioni invece di descriverle, di fare emergere cosa c’è nascosto dietro una frase, sia la dote dei grandi scrittori. Mi piacerebbe un giorno saperlo fare alla perfezione. Sono appena tornato da un viaggio di lavoro dalla Spagna e come sempre, quando passo da Madrid, mi sono ritagliato un’ora da passare davanti a Guernica. Ogni volte mi entra dentro, sempre di più. Passerei il resto della mia vita con 37,5 di febbre se mi fosse dato il dono di fare qualcosa di simile in un libro.
 
10.  In Italia la letteratura di genere non ha vita facile: perché?
Purtroppo siamo in un momento di deriva culturale, specialmente in Italia. E media e televisione non aiutano di certo. Il profitto prevale sulla qualità. La massificazione rende. Il cibo che piace a tutti costa poco e si vende tanto. Anche quello che dovrebbe nutrire la mente. Viviamo in nel paese più bello del mondo, ma lo stiamo distruggendo. Nei musei e nelle esposizioni si trovano molto più stranieri che Italiani. A San Pietroburgo ho visto operai che facevano la coda alla fine delle ore lavorative davanti all’Hermitage, A Mosca davanti al Bolshoi. A Tokyo davanti ai teatri Kabuki. In Italia solo davanti ad uno stadio di calcio
 
Grazie per aver condiviso con noi di Alef il tuo manoscritto, collaborare e conoscerti con te è stato un vero piacere.
 
@lorenzofantacuzzi
 

 

venerdì 24 aprile 2015

Aprile, nuove pubblicazioni in casa Alef!
 
 
Il 23 è stata la giornata internazionale del libro, bella iniziativa quella di oscurare il sito e invitare alla lettura. Noi di alef abbiamo aderito a #ioleggoperchè un progetto che dava la possibilità di promuovere una serie di libri da ritirare in alcune librerie che aderivano all'iniziativa.
Quando si tratta di invitare alla lettura siamo tutti felici.
 
Le novità di questo mese sono i due nuovi ebook di Vincenzo Turba: " Brigida, Oddone e il Predicatore" e " Confessioni di anime perdute".
 
Il primo, racconta di una legione di Roma imperiale si spinge oltre i confini,portando la guerra per conquistare nuove terre. Sul campo rimane ferito un legionario,Oddone che, grazie all’intervento di una dolce e leggiadra giovane del paese invaso,non viene ucciso ma fatto prigioniero. 
 
Tra il legionario e Brigida nasce un amore,un vero amore accompagnato da un forte desiderio di mettersi alla ricerca di una misteriosa verità, che sentono presente nel loro spirito. 

I due giovani abbandonano notte tempo l’accampamento dei barbari per iniziare una meravigliosa avventura che li porterà in Egitto e poi in Giudea dove assisteranno al martirio di Gesù e in tanti altri paesi in cui correranno straordinarie ed emblematiche avventure.
 


L'altro, invece,  si sviluppa in quattro drammatici racconti.
Tre di essi sono storie di amore, passione, tradimenti che hanno una tragica fine perché i protagonisti non hanno saputo tenere a freno i loro istinti di possesso.
 
Il quarto racconto descrive la tragica fine di un gruppo di pensionati, quale logica conclusione del loro accecamento dall’invidia e dalla mancanza di un senso di bontà e di solidarietà.
 

LE PUBBLICAZIONI DI VINCENZO TURBA CON ALEF EDIZIONI SONO RACCOLTE NELLA COLLANA "ARMONIA". COSI, L'AUTORE CI SPIEGA IL FILO CONDUTTORE DELLE SU OPERE:
 
"Nei miei romanzi si sostiene un' originale ipotesi dell'origine dell'Universo noi compresi. Sostengo in definitiva , sia per quanto riguarda le origini del tutto, l'anima,l'etica, opinioni quasi parallele a quelle della Religione con l'unica differenza che,in conclusione,al posto della Divinità (che rispetto) io metto quella materialità spirituale che la Scienza è a buon punto di individuare".
 
Da non dimenticare i due gialli e il bellissimo romanzo pubblicati da Alef.
A breve l'intervista con un altro nostro autore e nuove pubblicazioni del Prof. Pio Mario Fumagalli. Non ci dimentichiamo dell'angolo della poesia con Valentina Lorè e Daniela Luca.
A presto, seguiteci su facebook e twitter!

@lorenzofantacuzzi
 
  
 
 
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

venerdì 3 aprile 2015

Novità in libreria!

Vincenzo Turba, Confessioni di anime perdute.
 
Il romanzo si sviluppa in quattro drammatici racconti.  
Tre di essi sono storie di amore, passione, tradimenti che hanno una tragica fine perché i protagonisti non hanno saputo tenere a freno i loro istinti di possesso.
Il quarto racconto descrive la tragica fine di un gruppo di pensionati, quale logica conclusione del loro accecamento dall’invidia e dalla mancanza di un senso di bontà e di solidarietà.
 

@lorenzofantacuzzi

giovedì 2 aprile 2015

Voglia di leggere

Siamo ad Aprile, l'inverno ce lo stiamo lasciando alle spalle e noi abbiamo nuove idee che vogliamo far crescere. Avevamo pensato di condividere con voi delle pagine scelte di "Meadows Mill" di Tamara Cej. Pensiamo che sia una buona occasione per conoscere da vicino un autore emergente di grande spessore e con una scrittura creative e coinvolgente come la nostra Tamara.

Non mi resta che augurarvi buona lettura, a presto.



 

 
IL TEMPORALE
 
 
 
 
Di solito non ho paura dei temporali. Anzi, solitamente mi fanno venire voglia di accoccolarmi sotto la mia copertina con un buon libro e una tazza di cioccolata calda. Tuttavia, il temporale che infuria stasera, con la sua pioggia violenta, il rombo del tuono che scuote i vetri e i fulmini che squarciano il buio, mi rende inquieta. Dirò di più, mi terrorizza. Scuote le fondamenta del mio inconscio, facendole tremare come una torta di gelatina. Il temporale di stanotte ha qualcosa di innaturale.
 
Feci un sogno. Vidi, ed ecco, su un alto colle stava una donna, pareva una zingara dai capelli corvini, le braccia sollevate verso il cielo che rispondeva rombante al suo richiamo, mentre i fulmini saettavano frettolosi verso il suolo alle sue spalle, richiamati dalle parole mai udite che mormorava con le labbra.
 
Quella mattina, un pallido sole rischiarò la mia stanza da letto quando sollevai la tapparella, pesante palpebra del mio sonno. Come ogni giorno, mi recai al bagno accanto alla mia camera e usai il water. Lavai le mani e il viso col sapone e mi asciugai. Mi spostai in cucina, di fronte alla mia stanza da letto attraversando l’atrio. Aprii la dispensa in basso e scelsi una merendina farcita alla crema di vaniglia e cioccolato dalla terrina dei dolci. Pigiai il tasto del telecomando e sintonizzai il televisore con schermo a cristalli liquidi sul canale digitale dei cartoni animati. Stavano dando la serie «Due Fantagenitori». Gustai la mia discreta colazione, buttai giù una pastiglia di venlafaxina, una di alprazolam e una di montelukast quindi le ingurgitai con abbondante acqua.
Dovetti rinunciare al comodo pigiama di cotone color pesca a fiori arancio e verdi in favore di un più adatto paio di jeans e un’anonima maglietta rosa a maniche lunghe del supermercato. Infilai le scarpe ai piedi e i documenti in una pochette sportiva in tessuto impermeabile. Indossai il giubbino nero imbottito col cappuccio ornato di pelo sintetico e partii alla volta della biblioteca.
Sfrecciai rapida nel modesto traffico della cittadina di quarantamila abitanti, Meadows Mill, per arrivare a destinazione il prima possibile. Il via vai delle auto mi terrorizza, sono tutti dei pazzi quando guidano, sparati come missili su rotaie. Non sai mai quando ti capiterà di ricevere un servizio completo di stiratura a freddo su asfalto.
 
IL COLLETTORE DI ANIME
 
 
 
Fogli sparsi di carta pergamena ingombravano il piano della scrivania color mogano. Le venature del legno ondeggiavano sulla superficie opaca.
Risate nasali dal tono marcatamente isterico riecheggiarono tra le mura di pietra. Tra i vari fogli scarabocchiati spiccava il diagramma di una macchina cilindrica simile a un enorme contenitore di cibo per criceti. Accanto al disegno del marchingegno, lo schizzo di un anello con una pietra ovale incastonata.
 
Sullo schermo tivù al plasma da cinquanta pollici scorrevano le immagini di una sfida a due di un gioco musicale per console. La ragazza si esibì in una mossa da chitarrista rock quando il gioco la dichiarò vincente.
Caitlin sedeva sul divano del soggiorno. Dove fino a un giorno prima si era divertita ai videogiochi con il suo amore. Gli occhi verdi s’inumidirono e diventarono lucidi. La ragazza tolse le lacrime passandosi le dita sulle palpebre chiuse. Non era il momento di cedere alla debolezza. Aveva una missione e l’avrebbe portata a termine il prima possibile. Guardò la cartina della città, completamente svolta sulla superficie del tavolino del soggiorno. Sollevò il suo pendolo, una pietra trasparente appesa a una catenella di metallo. Lo tenne sospeso sull’angolo in alto a sinistra della mappa e chiuse gli occhi. Concentrò i suoi pensieri visualizzando l’immagine dell’uomo del vicolo impressa nei suoi ricordi e attese. Non accadde nulla. Spostò il braccio verso il basso, su un altro quadrante. Percepì un lieve movimento poi nulla. Lo straniero era passato di lì tempo prima, ma ora non c’era più. La sua traccia energetica era troppo lieve. Proseguì allo stesso modo finché arrivò al lato opposto della cartina. Sopra un quadrato preciso della carta cittadina il pendolo prese a ruotare animatamente, descrivendo un cerchio nell’aria. Caitlin aprì gli occhi, un’espressione cupa sul viso. L’aveva trovato. Lo stronzo era lì.
 
Il vecchio indossava ancora lo stesso farfallino e le stesse bretelle, ma non era solo. Sul tavolino degli attrezzi sgombro era steso il corpo di un ragazzo dai capelli biondo scuro, la pelle cerea e un paio di occhialetti tondi dalla montatura sottile in metallo. Il vecchio, che insegnava matematica all’Università della città, lo aveva invitato a casa sua per una discussione sulla materia. Il pollo, un secchione primo della classe del primo anno, aveva accettato subito. Il professore aveva disciolto una dose letale di potassio nella bibita all’arancia che gli aveva offerto.
 
IL MOSTRO DENTRO
Quella sera mi sedetti sul mio letto, porta chiusa a chiave. Presi tra le mani lo specchietto rotondo che usavo per truccarmi di nascosto. Tolsi un velo di polvere con le dita. Chiusi gli occhi.
Va bene, pensai.
«Mi avete detto di chiamarvi quando voglio,» sussurrai. Mi sentivo tesa, allo stesso tempo incuriosita e atterrita dalla visione che avevo avuto nello specchio del bagno. Non mi passo nemmeno per l’anticamera del cervello che potesse essere stata un’allucinazione. Nel profondo avevo sempre pensato di essere stata adottata. Desideravo con tutta me stessa essere più di una misera mortale, un essere umano usato come uno straccio dai suoi simili.
Percepii il nodo allo stomaco che li liberava e un totale rilassamento si impadronì delle mie membra.
Aprii gli occhi. Gli occhi rossi erano là, dove li avevo visti quella mattina. Guardavo me stessa attraverso quegli occhi nuovi.
 
 
L’ARMATA DELL’APOCALISSE
 
 
 
 
Pigiavo i piedi sui pedali della mia mountain bike, spostando il peso da una gamba all’altra, sorpresa sopra il sellino nero. Il battito del mio cuore nel petto martellava fino ad annebbiarmi il pensiero. L’unica cosa che volevo era raggiungere il rifugio più vicino.
Il Viale delle Magnolie di quella che un tempo era la soleggiata cittadina di Meadows Mill si era trasformato in uno squallido e spettrale corridoio di paura. I copertoni delle ruote divoravano l’asfalto della pista ciclabile delimitata dalle strisce gialle, mentre zigzagavo tra i corpi ambulanti che procedevano lenti, tendendo le loro membra ossute verso di me.
Non sapevo che diavolo fossero quei mostri. Nessuno lo sapeva. La pelle bluastra aderiva alle ossa come se fossero stati tenuti in astinenza da cibo per lungo tempo. Creature umanoidi alte e allampanate, completamente prive di peluria. Non aveva neppure ciglia e sopracciglia, diceva chi li aveva osservati da lontano con il binocolo.
I loro visi presentavano lineamenti sottili, gli occhi due palle sgranate in una perenne espressione irata. L’iride era quasi bianca, così da sembrare che non l’avessero affatto. I denti gialli e le gengive arrossate sembravano il risultato di una scarsa igiene orale, a dir poco.
Il fatto strano consisteva nelle loro fattezze. Erano tutti uguali. Fossero stati morti viventi o zombie avrebbero conservato le caratteristiche fisiche della persona a cui era appartenuto il corpo quand’era in vita.
 
 

 

 



Tamara Cej



@lorenzo fantacuzzi