Iscriviti alla nostra newsletter

Iscriviti alla mailing list

domenica 6 marzo 2016


Ciao a tutti amici di Alef.

Oggi diamo il via a una nuova iniziativa.
È un’idea che mi è venuta questa note...
Allora, vorrei mettere a disposizione di tutti la pagina del blog di Alef con un progetto di scrittura condivisa.
Funziona in questo modo, chi vuole partecipare deve solamente inviarmi il suo contributo a questo indirizzo: manoscritti@edizionialef.it
andranno bene, racconti, articoli, poesie, storia, disegni, insomma di tutto!
Per ora partiamo in questo modo, poi possiamo anche stabilire un argomento mese per mese.

Il buon esempio lo do io con questo racconto:




Il fiume




Il fiume come tutte le sere accompagnava con il suo scorrere
lento il mio ritorno a casa.

Lavoravo in una pizzeria, il profumo di forno a legna lo sentivo ancora addosso anche dopo essermi lavato.

Yusuf. Questo il mio nome. Aleppo la mia città. Città… Ho lasciato palazzi in fiamme. Orrore e morte.

Sembra una costante ma anche la mia fuga verso l’occidente è stata accompagnata da un fiume.

Non ne conosco il nome ma ho camminato lungo il suo argine fangoso per molti giorni, attraversando i confini europei che mi separavano da Roma Si la città in cui mi trovo adesso.

Strano, sentirsi parte di un micro cosmo come quello di una citta quando sei stato per lungo tempo immerso nell’area naturale di boschi e campagne.

Sono arrivato da un paio di mesi, dopo aver attraversato il mediterraneo su un gommone.

Sono stato in un centro di accoglienza pe quasi sei mesi, poi sono scappato via.

Sempre di notte e sempre verso una nuova meta.

A Roma ci sono arrivato grazie alla Caritas di Bari. Mi hanno ospitato e trovato un lavoro.

Sono seduto lungo le sponde del Tevere.

Non conoscevo la sua storia e non avevo mai visto un fiume così grande, prima di questo.

Ieri ho fatto delle foto e le ho mandate alla mia famiglia.

Abbiamo creato un gruppo su whatapp. Siamo tutti in paesi diversi.

Rifugiati, temporaneamente in luoghi distanti, sognando di tornare a casa.

Illusione. La nostra casa, come le altre del quartiere vecchio di Aleppo, sono andate distrutte.

Una nuova casa in un altro paese?

Dio è grande!

Le notizie che parlano di noi rifugianti non sono confortanti. Aumentiamo sempre di più e anche per noi questo diventa un problema.

Siamo un popolo in fuga. Abbiamo titoli di studio, attività e sogni.

Vogliamo vivere in un paese civile.

Sappiamo benissimo di essere un problema.

Abbiamo chiesto tante volte alla comunità internazionale di aiutare il nostro paese.

Siamo diventati come questo fiume, scorriamo lenti verso nuovi delta.

Travolgiamo i paesi che attraversiamo, portiamo, dibattito, integrazione e razzismo.

Siamo la coscienza, l’inferno che nessuno vuole vedere.

Dall’altra parte della sponda di questo fiume, vedo un uomo camminare da solo.

Mi osserva.

Accenno un saluto ma non ricevo niente in cambio.

Del resto che cosa mi aspetto…

Rimango seduto sull’argine ancora un po’.

Mi piace questo posto, l’acqua che scorre incessantemente mi rilassa.

Silenzio.

Il lento scorrere del fiume.

Il traffico in lontananza.

Un tonfo.

Il velo d’acqua che si squarcia.

Mi muovo veloce in direzione del rumore.

Non sento nulla. 

Solo il battito del mio cuore, molto vicino alla testa,

Non vedo nulla.

In mezzo al corso d’acqua, quello più piccolo che scorre su un lato dell’isola Tiberina, una sagoma, due mani che si stagliano verso il cielo, grida bagnate e soffocate.

Mi butto non ci penso su neppure un istante.

L’acqua penetra i miei abiti, la corrente mi trascina in fondo, faccio resistenza.

Ci sono quasi, non vedo bene è buio.

All’improvviso una stretta, dannatamente forte, al fianco destro.

L’avevo raggiunto, ora dovevo rimanere lucido e non farmi portare giù da quel corpo in preda al panico.

La stretta si faceva sempre più forte, una colonna d’acqua mi spingeva verso il basso e un peso insopportabile mi schiacciava da un lato.

Fango, sassi e alberi.

Cerco di liberarmi, la morsa si allenta. Mi aggrappo ora io al corpo sconosciuto.

Non si dimena, più.

Riesco a puntare un piede su un tronco e con la gamba blocco il corpo inerme che ora avevo tra le braccia.

Ormai siamo in salvo. Ho la schiena che appoggia, stabile al tronco.

Nel frattempo sono arrivati anche i vigili del fuoco che mi lanciano un salvagente.

Due autoambulanze sono ferme sul ponte.

Una giovane donna.

Il corpo che avevo recuperato era di una ragazza.

Non si era ripresa ancora, la vedevo distesa sull’argine mentre i sanitari le prestavano soccorso.

Poi di corsa verso l’ambulanza.

Fanno salire anche me.

Mi fano i complimenti e un applauso si leva dal ponte.

Non alzo lo sguardo.

Sento ancora la forza di quella presa e la leggerezza contrastante del corpo che ho riportato verso la riva.

Sembravano due entità diverse.

Mi siedo sul lettino dell’ambulanza, con i miei pensieri agitati come le acque di questo fiume.

Non mi ricordavo di aver visto una ragazza passeggiare sulla sponda opposta…

Forse stava lì da prima e meditava di finire i suoi giorni gettandosi nel Tevere.

Cerco qualcosa per soffiarmi il naso.

Cerco nella tasca dei pantaloni, ancora bagnati.

Infilo la mano e trovo qualcosa di appallottolato.

È una pallina di carta avvolta nella pellicola da cucina.

Non è mia, assolutamente.

Tolgo delicatamente il primo strato di film trasparente.

Distendo i fogli di carta.

Il cuore si ferma, all’improvviso.

Una poesia Persiana.




Da “Shahnameh - il libro dei re”

La prima luce grigia del mattino riempiva l’oriente

E la nebbia si alzava dalle acque dell’Oxus

Ma tutto l’accampamento dei Tartari lungo il fiume

Era senza vita e ancora gli uomini erano immersi nel sonno.

Sohrab, lui non ha dormito per tutta la notte,

da solo è rimasto insonne a rigirarsi sul letto,

ma quando la grigia alba entrò furtiva nella sua tenda egli si alzò,

si vestì, afferrò la sua spada prese il mantello da cavaliere e lasciò la tenda,

uscì nella fredda e umida nebbia,

attraversò il campo nella semioscurità verso la tenda di Peran-Wisa

Ferdowsi (940 – 1020 A.D.)



Appartengo a questo fiume. Se ne uscirò viva, il nostro destino sarà unito.



Fariba



 @lorenzofantacuzzi

























Nessun commento:

Posta un commento